Esiste una vita dopo la morte? Per millenni a sostegno di questa ipotesi c’è stata semplicemente la fede, adesso non è più così?
La vita eterna è sempre stata una questione che ha interessato l’essere umano. L’uomo si chiede da quando ha la facoltà di farlo se quella che vive sulla terra sia la sola parentesi di vita che gli sarà concessa. Tutto nasce dal mistero stesso della vita, come siamo nati? Perché abbiamo sviluppato maggiori competenze rispetto alle altre specie? La nostra intelligenza è frutto della semplice evoluzione o una condizione che ci è stata concessa da atto divino?
Nell’epoca moderna è stato superato definitivamente il mito della creazione, ma l’imprinting divino sulla vita stessa non può essere smentito dalle informazioni che abbiamo in possesso. In primo luogo perché la teoria dell’evoluzione non copre tutti i passaggi – ce sempre la questione del cosiddetto anello mancante – in secondo luogo perché il funzionamento del nostro organismo è talmente perfetto che la genesi divina sarebbe paradossalmente più razionale come spiegazione della casualità mista alla capacità di adattamento che è alla base delle teorie sulla specie.
Da qui dunque nasce una domanda a cui non c’è risposta: esiste la vita dopo la morte? Per fede moltissime persone sono convinte che ci sia un aldilà, un luogo in cui la nostra anima immortale continua a esistere. Ci sono religioni secondo cui l’anima si ricicla all’interno di varie forme di vita, in un ciclo infinito. Ma ci sono prove scientifiche che possano dare supporto a queste teorie?
Avrete sicuramente sentito parlare delle esperienze pre-morte. Si tratta di racconti forniti da persone che a causa di un’incidente o di una grave allergia si sono trovate senza battito per secondi e a volte minuti. Durante questo periodo di cessazione delle funzioni organiche hanno visto parenti morti o scorci del paradiso. Per le persone in questione si trattava di esperienze autentiche, ma generalmente la scienza le etichetta come allucinazioni o sogni legati all’attività cerebrale rimanente. Questo perché anche se il cuore ha smesso di battere, il cervello continua a rimanere in funzione per 7 minuti.
Tali conclusioni si trovano anche nel libro della scrittrice americana Leslie Kean ‘Surviving Death’, nel quale raccoglie sia le testimonianze di chi ha vissuto un’esperienza pre-morte che quelle dei medici che ne spiegano l’origine dal punto di vista scientifico. In una seconda parte del libro, la scrittrice parla anche di medium e sedute spiritiche e conclude che anche in questo caso non ci sono prove per dimostrare che vi sia un contatto con l’adilà. Nella maggior parte dei casi, infatti, i medium sono persone che sfruttano l’ingenuità e le debolezze delle persone per trarne profitto. Negli altri casi, invece, non esistono comunque prove scientifiche che dimostrino il loro contatto con gli spiriti dei morti.
In conclusione la Kean sostiene che l’unico modo per credere all’esistenza della vita dopo la morte è avere fede in Dio. Per quanto riguarda invece le presunte prove emerse fino ad oggi, consiglia un approccio critico e diffidente, poiché nella maggior parte dei casi si tratta di ciarlatani, mitomani o truffatori.
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