Se sui social state vedendo sempre più bambini, si tratta dei Kid Influencer: ecco chi sono, come guadagnano e come possono farlo
Da quando sono nati i social network, sono nate parallelamente le figure degli influencer. Ruolo nato anche grazie a Chiara Ferragni, che ha iniziato a postare i propri outfit su Netlog andando ad attirare lo sguardo delle aziende, si tratta di persone che guadagnano sponsorizzando ai propri follower servizi, oggetti e beni di qualsiasi tipo. Il legame che si instaura con il pubblico è quello della fiducia e, in base al numero di vendite e al numero di aziende che contattano l’influencer, quest’ultimo crescerà più o meno velocemente.
A differenza della pubblicità tradizionale, quella che coinvolge gli influencer è più efficace: il pubblico che segue una determinata persona è portato a fidarsi di lei, per come la conosce e per i valori che crede lei abbia. Di conseguenza, quando sponsorizza qualcosa è portato a ritenere quel determinato bene valido e meritevole d’acquisto, perché è come se fosse il parere di un’amica. Se da un lato quindi l’influencer marketing è efficace e sempre più diffuso, dall’altro sta prendendo piede anche quello dei bambini: ecco chi sono i Kid Influencer.
Ebbene sì, non ci sono solo gli influencer adulti ma anche i Kid Influencer: si tratta di bambini che, con la complicità dei genitori, sponsorizzano online beni e servizi destinati ad altri bambini, andando a guadagnare cifre incredibili. Una è Pixie Curtis, di 11 anni: con un profilo da 144mila follower, è già a capo di due aziende, una di cosmetici e una di giocattoli.
Come spiega la dottoressa Catherine Archer in un articolo del M/C Journal, spesso questi bambini sono figli di celebrità, i quali firmano accordi con marchi importanti così da massimizzare il potere di vendita. Oltre agli evidenti benefici monetari, però, ci sono anche enormi rischi legati soprattutto alla mancanza di privacy per i Kid Influencer, che mettono online molti aspetti della loro vita e che quindi vengono esposti a pericoli non indifferenti, legati anche e soprattutto alla loro enorme ricchezza.
Sebbene di fatto questo sia un lavoro contrattualizzato, nel quale esistono anche delle agenzie che mediano tra i bambini influencer e le agenzie che vogliono lavorare con loro, manca un quadro normativo che limiti lo sfruttamento di minori sui social e, in generale, è ancora troppo labile e poco definibile il confine tra la volontà del bambino e quella dei suoi genitori di usarlo come bandiera.
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