Gli antichi romani sono universalmente conosciuti come una civiltà dalle abitudini esemplari. D’altro canto, molte delle istituzioni e delle abitudini che impieghiamo oggi, non ultimo i caratteri dell’alfabeto maggiormente utilizzato al Mondo derivano proprio da loro.
Per non parlare delle leggi, delle tecniche costruttive e persino delle abitudini sociali. Un trend di TikTok ha addirittura rivelato che la maggior parte della popolazione maschile statunitense pensa agli antichi romani almeno 1 volta alla settimana. Talvolta però tendiamo a sottovalutare alcune loro abitudini che, agli occhi di oggi, sarebbero sconvolgenti. Basti pensare ad uno dei luoghi simbolo della socialità e dell’idea di pulizia che abbiamo di loro, ovvero i bagni pubblici. Quasi nessuno conosce 3 abitudini disgustose degli antichi romani alle terme che oggi farebbero impallidire.
Laddove non era possibile utilizzare l’acqua corrente delle di fonti termali naturali, ovvero in quasi tutte le città romane, le grandi terme venivano riempite una volta al giorno. Di mattina, prima che i frequentatori arrivassero, le condutture colmavano d’acqua le vasche. Il riscaldamento veniva assicurato tramite una stanza coibentata, ovvero tramite delle masse d’aria calda poste in un’intercapedine esterna. Il risultato era che durante la giornata le masse di persone che frequentavano le terme potevano rendere l’acqua letteralmente putrida. A tardo pomeriggio, il momento di massima affluenza, corrispondeva la massima sporcizia. Dovevano essersi conto di questo anche i medici dell’epoca, i quali pur non conoscendo l’esistenza di batteri ed agenti patogeni, raccomandavano a chi aveva tagli e ferite di evitare l’impiego delle terme per non peggiorare la situazione. Avevano notato, insomma, che il rischio di ulteriori infezioni era altissimo.
In secondo luogo, riteniamo spesso che l’atto della pulizia fosse similare a quello che oggi mettiamo in essere quando utilizziamo sapone ed acqua corrente. In realtà i Romani, e parte del Mondo antico, non ragionavano così. Applicavano unguenti di olio, sabbia e pietra pomice sulla pelle. Questo miscuglio bloccava la sporcizia, la terra, il sudore ed i detriti all’interno nella soluzione appiccicosa. Poi, tramite un oggetto metallico od osseo chiamato strigile, raschiavano via lo sporco. Solo nell’epoca tardo imperiale si sarebbe diffuso il cosiddetto sapo, ovvero la mistura di grassi animali utilizzata per detergere. Oggi l’idea di mantenere per ore tutto la sporcizia appiccicosa sulla pelle farebbe ribrezzo.
La continua intermittenza di acqua calda e fredda avrà probabilmente rinvigorito il corpo e temprato lo spirito. Ma di certo non lo aiutava da un punto di vista sanitario. Erano diffusissime per i Romani malformazioni ossee riguardanti il condotto uditivo od olfattivo. Lo possiamo notare grazie alle evidenti malformazioni degli scheletri. Si sviluppavano vere e proprie neoformazioni ossee che modificano i profili e rendevano udito ed olfatto. Ricorda una patologia che colpisce al giorno d’oggi i surfisti, ovvero la cosiddetta esostosi. Forse, se avessero saputo che le due questioni erano collegate, non avrebbero eccesso così tanto.
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