Lino Guanciale si è aperto in una lunga intervista, quello che fa sul set ha davvero dell’incredibile: non può farci proprio niente.
In queste settimane i telespettatori lo stanno ammirando nell’ennesima interpretazione di successo sul piccolo schermo, Lino Guanciale veste infatti i panni di Giovanni De Biase nella serie Noi siamo leggenda. Continua la sua ascesa, si sta confermando come uno dei migliori attori in circolazione e l’impegno sta venendo ripagato dall’affetto incrollabile del suo pubblico.
Il curriculum del classe 1979 è farcito da progetti importanti, sia per il cinema che per la televisione. Tra questi impossibile non citare Non dirlo al mio capo, il ruolo dell’avvocato Enrico Vinci lo ha calzato alla perfezione. Il motivo? C’erano fin troppe somiglianze tra lui e il personaggio, come rivelato in un’intervista fiume ai microfoni di TV, Sorrisi e Canzoni.
Lino Guanciale non si nasconde e ammette: “Sono pieno di tic”
“A dire il vero sono un anarchico. Risulto posato e razionale solo perché mi ritengo una persona educata”, è Lino Guanciale a parlare, raggiunto diverso tempo fa dalla redazione di TV, Sorrisi e Canzoni per fare il punto sulla sua carriera e per parlare anche un po’ di sé. “Ho una grande capacità di concentrazione e di controllo preventivo: ho un’energia talmente dirompente che devo disciplinarla”, ha spiegato.
Non solo, perché come l’avvocato Enrico Vinci che ha interpretato abilmente in Non dirlo al mio capo non riesce proprio a star fermo: “Sono pieno di tic. Prima di ogni ciak schiocco le dita, come il mio personaggio, l’avvocato Vinci che lo fa di continuo quando è nervoso”. E poi le piccole ossessioni quotidiane: “Quando sono nervoso io devo compiere gli stessi gesti in numero pari”.
Infine sul suo carattere ha sottolineato senza troppi giri di parole come in passato gli abbia creato soltanto problemi: “Sono più il genere di uomo che fa tappezzeria. Se mi ritrovo in una stanza con più persone, mi metto in disparte e cerco di passare inosservato. E dal mio osservatorio speciale scruto gli altri al limite della maniacalità. Da ragazzo i miei amici non mi portavano più con loro alle feste perché i miei sguardi indagatori finivano per scatenare delle liti”.