Il vero nome di Le Corbusier fu Charles-Edouard Jeanneret-Gris, e nacque il 6 ottobre 1887 in Svizzera, a La Chaux-De-Fonds. Fu un architetto particolarmente eclettico, anche dal punto di vista della personalità.
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Sicuramente aveva una certa impronta intellettuale, dotato di grandi capacità comunicative.
Era una persona metodica, che amava l’organizzazione anche perché in questa maniera riusciva un po’ ad andare a coprire tutti i suoi interessi che non erano solo quelli legati alla costruzione sia in senso di progettazione che in senso artistico, ma anche alla scrittura.
La sua formazione risale ai primi anni del ‘900. Le Corbusier studiò nella scuola di arti decorative di La Chaux-De-Fonds. Lo scopo principale era quello di andare a lavorare presso lo studio del padre, che smontava il quadrante di orologio.
Il paese era molto famoso per essere un produttore di orologi. Il suo insegnante, Charles L’Eplattenier, lo indirizzò ai viaggi di formazione. Difatti, Charles non riusciva ad appassionarsi realmente al lavoro paterno e il suo insegnante, che aveva studiato a Parigi, comprese il suo sentimento.
Tra i primi viaggi di Charles ci fu quello in Italia, dove rimase particolarmente colpito dall’architettura, tanto da riprodurre i disegni dei paesaggi e delle costruzioni, immagini che corredava di commenti. Viaggiò in Oriente e poi cominciò a lavorare presso architetti europei ma furono tutte esperienze lavorative che non lo entusiasmano e che abbandonò presto.
Uno dei suoi primi lavori fu la casa dove abitavano i genitori e altre abitazioni sempre nel medesimo paese di La Chaux-De-Fonds. Dopodiché, la decisione di trasferirsi in pianta stabile a Parigi.
Finalmente nel 1924 apre il suo studio, dopo aver contratto matrimonio con una modella monegasca e aver ottenuto la cittadinanza francese. Collaborò per molti anni con il suo medesimo cugino che era sostanzialmente il cervello organizzativo della sua attività. In tutto, più o meno, realizzò un centinaio di progetti e una trentina di costruzioni.
Sempre all’insegna della sperimentazione che andava a toccare la possibilità di utilizzare nuovi materiali, raggiungere nuove forme e occupare in maniera innovativa lo spazio.
Una tra le sue grandi passioni o comunque tra i suoi grandi interessi era riuscire a studiare l’industrializzazione applicata all’architettura, ai fini di andare a costruire le cose sempre più moderne, in maniera sempre più rapida.
Fu durante la Prima Guerra Mondiale che i suoi studi in merito cominciarono ad approfondirsi.
Lo scopo era quello di andare a realizzare un nuovo sistema standardizzato di struttura in cemento armato, a rapido montaggio.
Strinse un’amicizia importante con il pittore francese Amédée Ozenfant (a cui, già nel 1922, costruì lo studio di Parigi) con cui ebbe l’idea di andare a fondare una rivista dal titolo l’Esprit Nouveau.
Erano gli unici due scrittori della rivista e per dare l’idea che invece, dietro ad essa, ci fosse tanta gente, entrambi scrissero con degli pseudonimi. Nel 1923 vennero raccolti tutti gli articoli che, all’interno dell’Esprit Nouveau, parlavano di architettura e vennero raccolti in un manuale intitolato Vers une architecture che ancora oggi viene considerato un po’ il manuale di architettura del XX secolo.
Da qui comincia un po’ anche la sua carriera di scrittore polemico, che fruttò all’incirca 15 saggi.
Sempre nel 1924 Le Corbusier decide di definire i 5 punti più importanti sulla base dei quali si erge una nuova architettura degna di questo nome. 1) I pilastri su cui si deve ergere ogni architettura; 2) il tetto giardino che comunica col cielo; 3) la pianta libera per permettere una spazialità fluida; 4) le finestre a nastro (concesse dalla industrializzazione); 5) la facciata libera.
A questo punto cominciarono ad arrivare numerosi clienti, in un periodo che potrebbe essere definito quello delle “ville bianche”. L’obiettivo che l’architetto riusciva raggiungere, ovviamente applicando i suoi cinque principi, era quello di andare ad unire l’aspetto del lusso con quello del comfort.
Le sue costruzioni dovevano essere perfettamente integrate all’interno della natura. Ad un certo punto, attraverso quella che potrebbe essere considerata la passeggiata architettonica, si giunge dal piano terra ai piani superiori.
Al quarto Congresso Internazionale di Architettura Moderna, tenutosi nel 1933 ad Atene, espose i suoi principi della Città Nuova. Dove le facciate erano trasparenti e le architetture erano in cemento.
In mezzo al parco o comunque ad uno spazio verde. Ed è proprio così che va a edificare la propria abitazione. Nel suo studio aveva fatto edificare una parete in pietra che apprezzava particolarmente perché trovava che riusciva a trasmettere l’energia di qualcosa di solido, forte e caloroso. E, ovviamente, la pietra trasmette anche l’energia naturale di cui è composta.
Forse il grande talento di questo architetto è stato proprio quello di cercare di unire l’aspetto artistico dell’architettura oltreché quello innovativo e avanguardistico con l’uso pratico che se ne deve fare.
Le Corbusier mette a punto il Modulor una scala unificata di misura basata sul corpo umano che utilizza in tutti i suoi progetti per andare a modulare le proporzioni.
Per andare a ricostruire la Francia dopo la guerra, Le Corbusier studia il progetto delle Città Giardino, un programma straordinario di città verticali che ospitando centinaia di appartamenti di varie metrature avrebbero potuto essere collocate un po’ in tutta Europa.
Per quanto riguarda la tavola cromatica utilizzata da questo architetto è sempre quella che va a combinare tra di loro i colori primari.
Per Le Corbusier la bellezza di una architettura doveva sempre però essere in grado di accogliere anche la portata delle esigenze di chi la andava a occupare.
Per passare le vacanze, Le Corbusier, costruì un piccolo capanno di legno, precisamente vicino a Mentone.
Ovviamente immerso nella sua amata natura, nascosto in un promontorio.
La morte di Le Corbusier risale al 27 agosto del 1965 proprio qui, durante una nuotata, di fronte alla sua casa in legno.
L’eredità che ha lasciato a tutti gli architetti che hanno lavorato dopo di lui è stato il pensiero che l’architettura non possa assolutamente prescindere dal rispetto della natura e dalla conoscenza della memoria. L’architettura ha il compito di suscitare all’uomo la commozione rispetto alla propria natura effimera.
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