Il femminicidio più atroce è stato compiuto dalla ‘ndrangheta sette anni fa. Solo ora l’impianto accusatorio è completo, con un accusato.
Di un omicidio di ‘ndrangheta, se non si ha la fortuna di risolverlo entro 24 o 48 ore, non si viene a conoscere il colpevole se non dopo anni, anche dieci, grazie a un pentito, altrimenti non se ne saprà più nulla. Come nel 90% dei casi di omicidio decisi dalle cosche. Lo ha sostenuto da tempo il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, e lui stesso ha dovuto averne la conferma nello spaventoso caso di Maria Chindamo. Soltanto il 7 settembre di quest’anno è stato arrestato il presunto colpevole della sua orribile morte, avvenuta sette anni fa.
Il 6 maggio del 2016 la donna è stata sequestrata, uccisa e data in pasto ai maiali. Infliggere una punizione atroce è manifestazione di un potere barbaro, di cui ha bisogno un’organizzazione criminale, disumana, per incutere timore e dominare il territorio. La vittima era sposata con Ferdinando Punturiero, legato al clan di ‘ndrangheta dei Mancuso, attivo già dagli anni ’70.
E’ una delle famiglie finanziariamente più potenti nel traffico di cocaina, tanto da aver un canale privilegiato con i cartelli colombiani, i narcotrafficanti spagnoli e sbocchi anche in Australia. Il territorio originario è quello di Limbadi (Vibo), in Calabria, da cui è partita l’espansione dei loro tristi affari nel Centro, nel Nord Italia e all’estero. Punturiero si è tolto la vita il 5 maggio 2015, quando la moglie ha chiesto la separazione.
Per questo motivo è stata ritenuta colpevole della sua morte. E per questo la donna è stata rapita lo stesso giorno, il 5 maggio 2016. Si era legata a un altro uomo e aveva iniziato una nuova vita come imprenditrice, nella legalità. La famiglia di lei infatti non è mai stata legata alla ‘ndrangheta. E una nuova vita no, non viene concessa, tanto meno a una donna considerata colpevole della morte di un affiliato. Ha avuto anche la “colpa” di non voler cedere i terreni ereditati dal marito a un certo Pinnolaro, che con i Mancuso vanta un legame storico.
Si è legata a un altro uomo, fa l’imprenditrice e si è persino iscritta all’università per ottenere una seconda laurea in Giurisprudenza. Uno stato di cose inaccettabile per quel tipo di criminalità. Il procuratore Nicola Gratteri è tornato a parlare di lei per affermare che è stata eliminata a causa della sua libertà, che la ‘ndrangheta non ammette. Si può aggiungere che il maschilismo è una caratteristiche più truci e retrograde della criminalità organizzata. Oltretutto, l’imprenditrice è stata assassinata due giorni dopo che si era permessa di postare le foto di lei e del suo nuovo compagno.
Quel giorno, il 5 maggio 2016, Maria Chindamo doveva incontrare alcuni operai, quindi l’agguato è stato teso davanti all’entrata della sua azienda agricola in contrada Carini di Montalto. La sua automobile, una Dacia, è stata trovata col motore ancora acceso, davanti al cancello. All’interno i suoi effetti personali, compresa la borsa con dentro mille euro in contanti. Sul veicolo e su un muretto, gli inquirenti hanno rinvenuto tracce di sangue e capelli. Il fratello di lei, Vincenzo, è rimasto colpito dalla calma con cui un operaio l’ha avvisato della scomparsa della donna.
Ha affermato che l’auto di Maria era lì, sporca di sangue, mentre lei non c’era. “Come mai?” ha chiesto il dipendente. La videocamera di sorveglianza era stata manomessa, perché non rimanessero immagini dell’accaduto. A distanza di anni, gli inquirenti erano ancora privi di elementi per individuare un movente e un sospettato. Sono state decisive le confidenze fatte in carcere dal Emanuele Mancuso, figlio del boss Pantaleone detto “l’ingegnere”, al pentito Antonio Cossidente.
Entrambi erano detenuti nella prigione di Paliano. Da quanto riferito dal pentito, Emanuele Mancuso ha confidato di essere amico di un grosso trafficante di cocaina, chiamato Pinnolaro, da molto tempo legato ai Mancuso, e che era stato lui a toglierla di mezzo. Pinnolaro voleva acquistare i terreni che erano stati di Punturiero, confinanti con i suoi. Ma la donna, erede, si opponeva. Il Pinnolaro, proprietario pure di animali, l’ha fatta scomparire, contando sul fatto che la colpa sarebbe ricaduta sulla famiglia Punturiero. Pinnolaro in realtà si chiama Salvatore Ascone, 53enne arrestato nel ’19 e poi rimesso in libertà dal Riesame. Era accusato di aver messo fuori uso il sistema di sorveglianza della villetta, perché la scena del rapimento non venisse registrata.
Il dettaglio decisivo, che ha agevolato le indagini, è stata la confidenza di Mancuso sulla mania di Ascone, che aveva installato sistemi di videosorveglianza su tutte le sue proprietà. Dopo il delitto Chindamo, Mancuso ha chiesto ad Ascone dell’eventuale registrazione della videocamera: nella risposta, Mancuso si insospettiva per l’agitazione della moglie di Ascone, che parlava di un casuale malfunzionamento. Eppure Ascone, a ogni guasto, per solito chiamava immediatamente la manutenzione. Da qui l’inchiesta ha potuto approfondire alcuni aspetti.
Ora l’accusato di sequestro e di omicidio è proprio Salvatore Ascone, arrestato il 7 settembre nell’ambito della maxi operazione Maestrale Chartago, nella quale sono finiti in manette complessivamente 84 soggetti. E così Maria Chindamo è stata eliminata nel modo più macabro, per dimostrare disprezzo. Occorre tener presente che un gruppo di maiali affamati è in grado di divorare una persona in pochi minuti, con orribile voracità. Le ossa rimaste sono state distrutte con la fresa di un trattore. La salma, anziché essere onorata, viene così distrutta barbaramente, in modo tale che uno ‘ndranghetista sa persino vantarsi.
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