Spuntano le accuse sullo zio di Emanuela e sulle avances nei confronti di Natalina. Il Fratello Pietro: “Scaricano tutto sulla famiglia”
Spunta una nuova pista – subito smentita dalla famiglia – sul caso Emanuela Orlandi. Una pista che non era mai stata battuta, almeno pubblicamente, e che ora, dopo 40 anni, ha suscitato un grande scalpore.
È il nome di Mario Meneguzzi, zio di Emanuela Orlandi – oggi scomparso – a squarciare il silenzio calato sulle indagini del caso Orlandi. Durante gli anni del rapimento della povera ragazza, infatti, un sacerdote molto vicino alla famiglia aveva scritto al segretario di Stato Vaticano, Casaroli, parlandogli di una presunta molestia dell’uomo nei confronti della sorella di Emanuela, Natalina. Ma la famiglia smentisce.
A rivelare l’indiscrezione è stato un servizio mandato in onda dal Tg de La7, in cui si parla di una lettera inviata da Agostino Casaroli, l’allora Segretario di Stato Vaticano, ad un sacerdote sudamericano che si trovava in Colombia. Nella lettera, Casaroli chiede al sacerdote se era a conoscenza della molestia rivolta da Meneguzzi nei confronti di Natalina. Secondo quanto riportato da La 7, il sacerdote avrebbe risposto in maniera affermativa.
Una rivelazione che ha fatto esplodere ipotesi e congetture, anche quelle più infondate. A quanto pare Natalina aveva paura di rivelare pubblicamente la situazione con suo zio e ne avrebbe parlato solo con il sacerdote americano in confessione. Ora le lettere sono in mano al promotore di giustizia vaticano, ma anche ai pm di Roma che si stanno occupando del caso. Ad alimentare le supposizioni è stato anche il confronto con l’identikit che, all’epoca, venne realizzato grazie alle testimonianze di un agente di polizia e un vigile. I due agenti, infatti, videro un uomo parlare con Emanuela poche ore prima della sua scomparsa. Il suo identikit risulta essere curiosamente somigliante con il volto di Meneguzzi.
Secondo quanto si apprende, sarebbe stato proprio lo zio di Emanuela a partecipare attivamente alla diffusione dei manifesti che ne dichiaravano la scomparsa. Sempre suo zio avrebbe risposto a molte delle telefonate anonime che arrivavano in casa della famiglia in quel periodo. Inoltre, sarebbe stato lui a presentare alla famiglia l’avvocato Gennaro Egidio, il cui compenso sarebbe stato elargito dai servizi segreti. Pietro Orlandi, con un post su Facebook, ha smentito le voci sulla presunta partecipazione di suo zio al rapimento di sua sorella. “Oggi ho capito che sono delle carogne – ha commentato – hanno deciso di scaricare tutto sulla famiglia, senza vergogna”.
In una conferenza stampa convocata dalla famiglia Orlandi, Pietro e Natalia, insieme all’avvocato Laura Sgrò, hanno deciso di rispondere alle domande dei giornalisti. La vicenda dello zio di Emanuela Orlandi, infatti, sembra aver assunto dimensioni più grandi di quelle che in realtà sono, almeno secondo quanto riferito da Natalina, sorella di Emanuela e diretta interessata alla vicenda. Secondo la donna, infatti, non vi fu alcuno stupro da parte di suo zio, ma solo “semplici avances verbali” risalenti al 1978. Attenzioni che la donna, all’epoca una ragazzina, raccontò al suo sacerdote e al suo fidanzato Andrea, oggi suo marito.
Avances che, in ogni caso, Natalia raccontò agli inquirenti e investigatori, i quali la interrogarono nel 1983. “È finita lì e non portò a nulla”. La famiglia Orlandi e l’avvocato, infatti, escludono che lo zio abbia avuto un ruolo nel rapimento di Emanuela, smentendo anche possibili avances di Meneguzzi nei suoi confronti. È stato lo stesso Pietro Orlandi a cercare di mette la parola fine a questa ipotesi, affermando che quel giorno del 22 giugno 1983 suo zio non era a Roma, ma “in vacanza con i suoi figli”.
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